lunedì 22 novembre 2021

RIFUGI

E anche oggi mi sento schiavo di parole scritte in libertà e lascio, in disordine sparso, lettere scarlatte sull'oscena di un delitto imperfetto. Colto sul fatto dal fato ignorante, andrò lungo al mio processo e, forse, sarò giudicato colpevole d'innocenza. Tranquilli, non finirò mai più in una gabbia, in compagnia di una rabbia che ha ridotto in polvere e sabbia i miei castelli gabbiani. Mi sento in debito e moroso di un cuore in affitto e dovrò sfruttare la mia fretta per mettere a frutto uno sfratto improvviso. Chiunque abbia buttato chissà dove le mie chiavi, non sa che posso evadere quando voglio nei magici momenti di un nuovo buongiorno. Ora la mia fuga è reale come il leone da tastiera che divora i miei tasti dolenti. Corro lontano, ricercato nei contenuti e da un destino padrone che ha guidato, senza mani, la mia macchina del tempo. Passeggero distratto e di fatica mai distrutto, cercherò di trovare quella bussola, persa tra gli oggetti dei miei desideri. Mi servirà per togliere i punti cardinali ai miei piedi erranti, pellegrini e conclavi. Ho ancora passi da gigante per camminare sospeso sulla linea di un orizzonte conteso tra il cielo e la terra. Architetto visionario, costruirò un ponte, stretto e necessario, che mi porterà alla meta, (di)segnata a metà. Viandante paziente, rimango in attesa di un passaggio qualsiasi. Non importa se da uno sconosciuto o segreto. Aspetterò un mezzo pesante per viaggiare, senza limiti, con il peso dei miei stracci che ho strappato di dosso per mettere a nudo i miei pensieri stupendi. Non ho un piano preciso di volo ma non per questo mi fido e mi affido ad un pilota automatico. Chiederò il permesso di atterrare solo alla mia immaginazione, torre indistruttible del mio controllo emozionale. Ora però, senza tetto, avrei bisogno di un karma occidentale per orientare il mio percorso nomade e apolide nel suo stato mentale. Non più fuggente, colgo l'attimo e arresto la mia corsa di fronte una fissa dimora. Ora o mai più. Alzo gli occhi e le braccia davanti alla sua faccia armata di cemento. Ha tristi occhi di vetro, specchi riflessi nel fiume un Po lento, come il tempo aggrappato alle sue tende scure. Mi fa entrare, accogliente e ospitale, e mi accompagna nelle sue sale piene di donne e uomini con tanta, tantissima buona volontà. Giro e giro in tondo e cambia tutto il mio mondo, mai più vagabondo. Ascolto sussurri soffusi, nel silenzio di un gioco da fare più tardi. Vedo sguardi affamati d'aria fresca e di un'esistenza normale. Osservo passi lenti e svogliati che girano su rotelle fuori posto e fuori luogo, per loro che vorrebbero essere solo fuori di li. Loro, gemme preziose di mamme e papà, custodi gelosi di preghiere e speranze. Loro, che spediscono baci al vento di compassioni, proibite e represse. Loro, zecchino di voci mutate in sorrisi e canzoni da urlare al cielo. Loro, innamorati, abbracciati e pazienti di un camice bianco. Puro come dev'essere un amore istintivo. Primo, eterno, assoluto. Loro, bambini e ragazzi, fedeli ed amanti nei loro sentimenti da adulti di una vita futura. Da ricambiare. Ed io, infantile al cospetto delle loro mature coscienze, chiedo asilo in questo nido, che schiuderà un uovo uomo. Si questo è il mio posto. Chiudo la porta e metto la sicura, sicuro che anch'io mi prenderò cura di loro. Finalmente ho trovato quello che cercavo. UGI è casa mia. E lo sarà per sempre.

3 commenti:

  1. Noto un'evoluzione nella tua scrittura, si è fatta più complessa, più elaborata, fatta sempre di più di metafore e citazioni. Ma anche meno immediata e comprensibile, tu stai davvero crescendo e io capisco di meno. Ahhh, aiuto!
    P.S. complimenti

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  2. Hai perfettamente ragione... grazie per l'osservazione.
    ti abbraccio!

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  3. ..ed è proprio una parola, quella più immediata,che apre la mente a pensieri e riflessioni che senti sempre più vicine al tuo essere...un essere che sa come muoversi,se a guidarlo è il cuore😉

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